Il vino toscano vive un momento cruciale tra sfide globali e nuove opportunità. I dazi statunitensi continuano a pesare sull’export del Chianti, che rappresenta metà della produzione vitivinicola regionale, mentre i mercati emergenti in America Latina e Asia offrono prospettive di crescita. In questa intervista il presidente del Consorzio, Giovanni Busi, racconta strategie, criticità e novità come l’atteso “Chianti Rosé.”
Presidente Busi, la politica commerciale americana continua a creare difficoltà anche per il vino toscano. Qual è la situazione oggi, nel 2025?
I dazi imposti dagli Stati Uniti negli anni scorsi hanno inevitabilmente generato preoccupazione, ma non credo che verranno rimossi a breve. Se ci fosse stata questa possibilità, lo avremmo già visto nei precedenti pacchetti negoziali. Dobbiamo quindi accettare che resteranno e lavorare su soluzioni alternative.
Il Chianti esporta negli USA circa 20-25 milioni di bottiglie l’anno, su una produzione complessiva che si aggira sui 100 milioni. Una riduzione del 10% significherebbe la perdita di 2-2,5 milioni di bottiglie. Se rapportiamo questa riduzione al totale, parliamo di un impatto intorno al 2-3%, che possiamo compensare con l’apertura di nuovi mercati.
Quali mercati possono compensare un’eventuale contrazione americana?
In primo luogo guardiamo all’America Latina. Se l’Unione Europea riuscirà a concludere l’accordo con il Mercosur, il Brasile potrà diventare un mercato molto interessante. Oggi vendiamo poco perché i dazi rendono i nostri vini poco competitivi, ma con una riduzione tariffaria potremmo ampliare la fascia di mercato.
Anche l’Asia è centrale: in Cina abbiamo ripreso le attività di marketing dopo la pandemia, mentre Paesi come Thailandia e Vietnam crescono a doppia cifra e hanno dazi in riduzione.
Il Canada, infine, si sta aprendo ulteriormente. Importa meno dagli Stati Uniti e questo libera spazio sugli scaffali: nel 2024 abbiamo già intensificato i rapporti con i monopoli provinciali e nel 2025 ci aspettiamo i primi risultati concreti.
La filiera toscana è pronta a sostenere questa sfida?
Quando parliamo di Chianti parliamo del 50% della produzione vitivinicola regionale. Muovere il Chianti significa muovere l’intera Toscana del vino. Ma è fondamentale che le istituzioni ci sostengano: i consorzi e i produttori da soli non possono reggere il peso del marketing internazionale. Serve un impegno coordinato e finanziato dalle istituzioni, perché in gioco non c’è solo una denominazione ma l’immagine complessiva della Toscana.
Questo periodo di instabilità ha generato un rallentamento delle vendite e un accumulo di vino nelle cantine. Come state affrontando la situazione?
Negli ultimi anni la produzione si era ridotta per cause climatiche — siccità, gelate, piogge — portandoci mediamente al -10/-15% rispetto al nostro standard di 850.000 ettolitri. La vendemmia 2024, invece, è stata quasi normale: circa 810.000 ettolitri, equivalenti a 100 milioni di bottiglie.
Il problema è che il mercato, nel 2024, ha assorbito circa 70 milioni di bottiglie. Questo ha generato inevitabilmente un surplus. Il calo del turismo e le difficoltà della ristorazione hanno inciso, ma non credo sia una situazione irreversibile. Fino al 2017 vendevamo regolarmente 100 milioni di bottiglie: oggi dobbiamo riposizionarci e riportare gradualmente la domanda su quei livelli.
Che prospettive ci sono per la vendemmia 2025?
Le condizioni climatiche sono state migliori rispetto ad altri anni e ci aspettiamo una buona qualità. La quantità sarà più contenuta: già nel 2024 avevamo approvato in assemblea una riduzione volontaria del 20% per riequilibrare il mercato, e continueremo su questa linea. L’obiettivo è mantenere alta la qualità e ridurre la pressione delle giacenze.
State lavorando anche a una novità disciplinare: il Chianti Rosé. Può raccontarcela?
Abbiamo approvato in assemblea l’introduzione del Chianti Rosé, che ora è all’attenzione della Regione Toscana e del Ministero. Sarà un rosato con base Sangiovese e vitigni complementari, comprese alcune uve bianche già previste dal disciplinare.
Il consumo di rosato è in forte crescita. Non sostituirà i nostri rossi, che restano il cuore della denominazione, ma offrirà un’alternativa fresca e piacevole, ideale nei mesi estivi e capace di intercettare consumatori diversi.




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