Dazi sull’olio toscano? Li pagheranno gli americani

I fratelli Pruneti avvertono: "Il consumatore USA non ha ancora percepito l’impatto. Ma lo farà: vedremo quanto sarà disposto a pagare per la qualità."

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Un tempo l’olio era solo un ingrediente tra tanti. Oggi è un prodotto identitario, simbolo di cultura, benessere e territorio. Ma questo valore, costruito con anni di lavoro, rischia di essere compromesso da dinamiche geopolitiche e commerciali come i dazi imposti dagli Stati Uniti.

A raccontarlo sono Paolo e Gionni Pruneti, fratelli e produttori d’eccellenza nel cuore del Chianti, a Greve, che da anni guidano l’azienda di famiglia esportando olio extravergine in oltre 30 paesi. La loro è una visione concreta: un settore in forte crescita culturale, ma vulnerabile sotto il profilo economico.

“Negli anni abbiamo visto crescere l’interesse per l’extravergine. All’inizio eravamo in pochi a credere che si potesse fare cultura e narrazione intorno a questo prodotto” spiegano. “Ma oggi il riscontro è evidente: l’olio è diventato protagonista nelle cucine e nelle esperienze gastronomiche.”

Il pubblico è più consapevole, ma resta ancora tanto da fare. “Molti sanno che l’olio si fa con le olive, ma non conoscono la filiera, la molitura, i tempi, le varietà. Il nostro lavoro è far capire perché esistono oli a 4 euro e altri a 40. Non è solo marketing, ma sostanza.”

La loro azienda ha scelto una strada precisa: non adattarsi a un mercato generalista, ma puntare sull’eccellenza. “Abbiamo sempre scelto i canali più esigenti, quelli dove c’era spazio per un prodotto di qualità vera, anche se era più difficile entrarci.”

Ma il contesto è cambiato, soprattutto oltreoceano. L’introduzione dei dazi USA ha colto tutti di sorpresa. “Ci aspettavamo misure su alcolici o beni di lusso, ma non pensavamo che anche l’olio potesse essere coinvolto.”

La prima reazione è stata di smarrimento. “Il primo impatto è stato forte. Nessuno sapeva chi avrebbe dovuto assorbire il costo: produttore, distributore o consumatore? Alla fine, siamo riusciti a contenerlo grazie a una riduzione iniziale del dazio al 10%, trovando un equilibrio con i nostri distributori.”

Secondo Paolo e Gionni Pruneti, però, il peggio potrebbe arrivare. “Si parla ora di un aumento, se così fosse, per molti produttori diventerebbe insostenibile. Finora abbiamo fatto il possibile per non scaricare i costi sul consumatore americano, ma non potremo farlo ancora a lungo.”

Il rischio è perdere una parte importante del mercato. “Chi cerca un prodotto di nicchia probabilmente continuerà a investire. Ma quella fascia media che si stava appena avvicinando all’olio di qualità potrebbe fare un passo indietro. E noi, di conseguenza, perderemmo una parte del lavoro fatto.”

Servirebbero misure concrete di sostegno. “L’olio extravergine non ha le marginalità del vino. Se ci chiedono di sostenere da soli questi aumenti, il sistema non regge. Servono politiche di supporto, anche a tutela del made in Italy.”

La situazione, per ora, resta sospesa. “Il consumatore americano oggi non ha ancora percepito l’impatto. Ma lo farà. E in quel momento capiremo davvero quanto sarà disposto a investire per avere sulla tavola un olio di eccellenza.”

Per i fratelli Pruneti, però, una certezza resta salda: “L’olio è cultura, territorio, salute. E chi ama davvero questi valori continuerà a cercarli. Anche dall’altra parte dell’oceano.”

Milko Chilleri
Giornalista e Sommelier, da sempre attivo comunicatore di arte cultura e gastronomia. Il vino è la mia passione: un bellissimo viaggio che non finisce mai.