A Modena, l’aceto balsamico tradizionale non è solo un condimento: è un patrimonio familiare e culturale. Un tempo, nelle famiglie modenesi, era consuetudine regalare alle bambine appena nate una batteria di botti per la produzione di aceto balsamico DOP, simbolo di continuità e valore. Oggi, però, questa tradizione rischia di essere oscurata da prodotti che richiamano il nome ma non rispettano l’autenticità del disciplinare.

A fare il punto della situazione è Mariangela Grosoli, vicepresidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena.

“È una preoccupazione molto forte, non solo mia ma di tutto il Consorzio e dei produttori associati – spiega Grosoli –. Questi prodotti, spesso venduti come tradizionali, non hanno alcuna certificazione e non rispecchiano la nostra storia. È un danno soprattutto per il consumatore, che viene ingannato e talvolta paga cifre altissime per un prodotto che non ha nulla a che vedere con l’aceto balsamico DOP”.

Un prodotto con radici antiche

L’uso dell’aceto è noto fin dalle più antiche civiltà. Numerose testimonianze letterarie ne documentano la tradizione: da Virgilio, nelle Georgiche, che già descriveva “la consuetudine di cuocere il mosto”, ad Apicio, che documentava l’uso del mosto cotto nella preparazione dei cibi. Anche durante l’epoca dei Duchi Estensi, Signori di Ferrara e Modena, l’aceto godeva di grande considerazione.

Donizone nella Vita Mathildis (Libro I, cap. XIII, vv. 979-998) racconta di “quel famoso aceto” che il marchese di Toscana Bonifacio inviò al re Enrico III, futuro imperatore di Germania. Il re, in viaggio verso Roma per farsi incoronare dal Papa, gradì moltissimo quel grande e magnifico dono. Queste testimonianze confermano l’importanza storica e culturale dell’aceto nella tradizione italiana.

Il Consorzio e la tutela del prodotto

Il Consorzio Produttori Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. è stato fondato nel 1979 grazie all’intuizione di un gruppo di produttori familiari con un duplice scopo: promuovere la conoscenza di un prodotto dal gusto inimitabile, quasi esclusivo della provincia di Modena, e diffonderne la cultura per ottenere il riconoscimento comunitario e consentirne la commercializzazione.

Grazie a questo lavoro, il 17 aprile 2000 l’Unione Europea ha attribuito all’aceto balsamico tradizionale la Denominazione di Origine Protetta (DOP). Il 13 aprile 2011 il Consorzio ha cambiato denominazione in Consorzio Produttori Antiche Acetaie D.O.P., confermando il proprio ruolo di custode della tradizione.

Il riconoscimento europeo è stato possibile grazie a una rigida disciplina di produzione e controllo, che i produttori si autoimpongono da sempre. Alcuni punti chiave:

  • Bottiglia unica: obbligatoria per tutti i produttori, capacità 100 ml.

  • Assaggio del prodotto: ogni lotto destinato alla vendita deve superare l’esame organolettico degli esperti degustatori.

  • Imbottigliamento controllato: il prodotto, una volta superato l’esame, viene imbottigliato in uno dei due centri pubblici autorizzati dal Ministero.

  • Sigillo di garanzia: ogni bottiglia riporta una doppia numerazione; il Consorzio conserva una bottiglia per ogni lotto imbottigliato dal 1979 ad oggi, garantendo tracciabilità e autenticità.

Falsi e contraffazioni: il pericolo per consumatori e produttori

Negli ultimi anni, i negozi del centro storico e mercati esteri hanno visto comparire prodotti falsi, perfino a prezzi incredibili: alcuni aceti venduti in Costa Azzurra superavano i 1.800 euro a bottiglia.

“Il falso non ha neanche il simbolo della Comunità Europea – sottolinea Grosoli –. La lotta alla contraffazione dovrebbe essere una responsabilità dell’Europa, non dei singoli produttori”.

La differenza tra aceto balsamico tradizionale DOP e le versioni industriali è netta: il primo ha un disciplinare rigoroso, un invecchiamento pluriennale in botti specifiche e un valore storico. Le grandi aziende producono invece l’IGP e persino la versione “glassa”, che nulla ha a che vedere con la tradizione modenese.

Il Consorzio, insieme a realtà come la Premiata Salumeria Giusti, lavora per denunciare e contrastare questi abusi.

“Abbiamo intrapreso diverse azioni legali – spiega Grosoli – ma purtroppo la magistratura non sempre comprende la specificità del prodotto. Non è solo un danno economico, è un danno culturale e un inganno per i consumatori”.

Secondo Grosoli, servirebbe maggiore attenzione anche da parte delle associazioni dei consumatori: “Spesso si concentrano su questioni marginali, mentre qui il rischio è la perdita di autenticità di un prodotto unico al mondo”.

Nonostante le difficoltà, il Consorzio non intende fermarsi: “Continueremo a proteggere il nostro patrimonio – conclude Grosoli –. Il nostro obiettivo è garantire che il consumatore sappia sempre cosa acquista e che l’aceto balsamico di Modena DOP rimanga un’eccellenza riconosciuta e rispettata”.

Milko Chilleri
Giornalista e Sommelier, da sempre attivo comunicatore di arte cultura e gastronomia. Il vino è la mia passione: un bellissimo viaggio che non finisce mai.