Forse l’appuntamento italiano più importante dedicato allo Champagne, con ben 140 vigneron, punto d’incontro di tutto ciò che rappresenta questo vino: dibattiti, masterclass, degustazioni di annate particolari ed etichette celebri delle Maison più rinomate.
Ancora un successo, nonostante il periodo non certo favorevole per l’intero comparto. La presenza di un pubblico numeroso fa ben sperare, e l’attrazione verso le bollicine non sembra minimamente scalfita.

Ma qual è il futuro delle nostre bollicine? Lo abbiamo chiesto al direttore della rassegna, Lorenzo Righi, che ha evidenziato una buona vendemmia, non troppo esuberante ma dalle prospettive eccellenti. Certo, le vicissitudini internazionali non aiutano, ma l’importante è “fare squadra”.

Come in questo evento, dove fin dalla mattina la fila degli appassionati si è fatta via via più folta e le prime degustazioni hanno messo in luce considerazioni interessanti. La tipologia più ricercata è stata quella del pas dosé, il metodo classico con un residuo zuccherino minimo e dal gusto estremamente secco, in cui la dolcezza deriva esclusivamente dal tipo di uva e dalla fermentazione: una certezza di eleganza e finezza.

Probabilmente legata ai cambiamenti climatici o forse anche ai miglioramenti tecnici, si è assistito alla riscoperta del Pinot Meunier (chiamato anche semplicemente Meunier), spesso vinificato in purezza. Nonostante venga tradizionalmente considerato un vitigno poco adatto all’affinamento per problemi legati all’acidità, abbiamo riscontrato un ottimo successo sia con le nuove annate, sia con bottiglie che raggiungevano facilmente i dieci anni. Ottima aromaticità e buona struttura hanno suscitato curiosità e interesse tra il pubblico.

Immancabile il successo del Pinot Noir, in particolare della zona della Vallée de la Marne, apprezzatissimo per la sua complessità fruttata e la grande scorrevolezza. Ancora una volta, il fascino di questo vitigno conquista tutti.

Le Maison più rinomate, fedeli al loro cliché, hanno fatto man bassa di winelovers, forti della qualità e dell’armonia dei loro vini: talvolta un po’ “perfettini”, ma sempre di grande richiamo e fascino. Tra le tante etichette degustate, poche le delusioni: qualche sentore un po’ assopito o bollicine talvolta troppo esuberanti, ma davvero casi isolati.

Anche l’edizione 2025 è stata un’esperienza affascinante – non c’erano dubbi – con tantissime etichette e infinite sfumature di bolle dorate.

Roberto Montelatici
Sommelier da oltre 10 anni e da sempre appassionato di vino, amo viaggiare per scoprire l'enogastronomia in tutte le sue sfumature. Dalle piccole fattorie ai grandi produttori, esploro, assaggio e racconto le loro storie attraverso le mie parole.