Sui social ci siamo tutti, e come tutti ci soffermiamo a vedere ciò che più ci interessa, sia per informazione sia per diletto. Nel mio lavoro seguo molti account di realtà vitivinicole o stakeholder del mondo del vino e della gastronomia, e spesso la mia attenzione si concentra maggiormente su quelli che provano a raccontare qualcosa di autentico. Raramente vedo contenuti davvero interessanti, soprattutto video che hanno dietro un racconto e cercano di far capire al fruitore ciò che la cantina vuole comunicare.

Ma ancora troppo spesso mi imbatto in video tutti uguali: droni lunghissimi, forbici che tagliano, musica classica o pianoforte epico, uomini e donne anonimi… e, quando si riconoscono, un contenuto che, al netto di un logo che compare ogni tanto, potrebbe essere utilizzato dall’80% delle cantine del mondo.

Dietro il vino ci sono uomini, storie, vite, passioni, tormenti, visioni. Non sono per niente tutte uguali. Riusciamo a raccontarle? Ah, giusto… forse troppo difficile per l’agenzia che propone spesso un video cliché, riproposto come stampino per tutti. Ciò che mi sorprende di più sono le aziende, i produttori stessi, che hanno definitivamente abdicato alla volontà di capire che comunicare è alla base del successo, e capire come e cosa si comunica lo è altrettanto.

E allora mi domando: queste realtà, che si rivolgono a “geni della comunicazione” e magari pagano anche un occhio della testa per queste idee, cosa sperano di ottenere? Vendere più vino? Distinguersi? Farsi riconoscere per filosofia o stile? La strada è ancora lunga… se non l’avete già persa.

Milko Chilleri
Giornalista e Sommelier, da sempre attivo comunicatore di arte cultura e gastronomia. Il vino è la mia passione: un bellissimo viaggio che non finisce mai.