La partecipazione di tante aziende, non solo toscane, a Borgo Divino 2025 è sintomatica dell’importanza che questa manifestazione sta ottenendo nel corso degli anni. Iniziata nel 2018, grazie all’ottima organizzazione e alla splendida location, si è trasformata sempre di più in un evento tra i più interessanti della regione.

Un numero sempre maggiore di produttori presenti42 quest’anno solo quelli provenienti da altre regioni — raccontano non solo di vino, ma anche di territorio, usanze, qualche preoccupazione, ma fortunatamente anche delle belle soddisfazioni correlate. Borgo Divino è anche questo: una giornata con il produttore, dove il vino è il filo conduttore di una grande passione.

Con queste aspettative, ecco una breve panoramica delle nostre degustazioni — non tutte, purtroppo, ma alcune tra le più rappresentative.

Con una bella immagine panoramica della propria tenuta a ridosso del mare, si presenta il produttore Varà, della zona marchigiana di Ancona. Siamo nel Conero, e il Montepulciano rappresenta la principale ricchezza della zona. Da segnalare il “Clou De Vara 2021”, una bella evoluzione del vitigno con un bouquet importante di frutta rossa matura, cacao e liquirizia, e un corpo elegante e strutturato.

Solo qualche stand più in là, ed ecco due realtà lombarde dalle coltivazioni ben distinte tra loro.

La prima è l’Azienda Vitivinicola Biologica Torchio Giordano, dalle numerose referenze. Siamo nella zona al confine con l’Emilia-Romagna, dove troviamo vini a base Lambrusco nelle tipologie Viadanese e Maestri. Da provare il metodo ancestrale “Rosso della Valle” o il Metodo Classico rosato “Brut 2022”. A seguire, il Sauvignon Nepis (un vitigno Piwi) e varie interpretazioni di Malvasia Aromatica di Candia.

L’altra è l’Azienda Agricola Tosi, situata nell’Oltrepò Pavese, dove — anche per tradizione — troviamo vitigni completamente diversi ma altrettanto famosi. Qui viene coltivata la Vespolina in purezza, che merita sicuramente un assaggio. È una produzione unica ma rappresentativa della scuola vitivinicola pavese. Poi Pinot Nero, sia metodo classico che fermo, e Riesling Italico.

Ci spostiamo in Campania, e tra i numerosi vitigni autoctoni scopriamo il Masaudo Aglianico IGP 2018 di Tenuta Pampinus, dall’evoluzione crescente, ma che già adesso si presenta esplosivo nei profumi, possente e con un lungo finale.

Cantina del Colonna invece proviene dall’Umbria, quella più a nord, molto legata al territorio. Così anche il produttore ha voluto riproporre, con il suo Tribunale IGT 2022, la semplicità di un Sangiovese e Canaiolo Nero: beverino, snello e giustamente tannico. Gradevole e sincero.

Non poteva mancare la Sardegna del Cannonau, con il Ghirada Elisi 2023 e lo Tzappu 2022 di un piccolo rappresentante dell’entroterra, la Cantina Siotto, nella zona di Mamoiada. Nessuna influenza marina, ma il territorio diventa sempre più protagonista: il disfacimento granitico e un’altitudine di 650 metri rendono il vino fresco, meno alcolico ma molto elegante.

Singolare il racconto di un vitigno raro ritrovato ai margini della fattoria. Si chiama Granatta ed è un’uva bianca che si sta cercando di “domare”, in quanto molto alcolica (si parla di 17 gradi), ma che presenta intensi sentori e un’ottima acidità.

Ancora dalla Campania, Vigne di Malies, immersa in un’antica zona vinicola del Sannio Beneventano, propone vitigni tipici ma con un’impronta personale, come la Falanghina macerata (Creantia Falanghina Macerata IGT 2022), dalla notevole complessità aromatica con note balsamiche, frutta matura e zenzero. La struttura articolata del sorso la rende compagna ideale di formaggi stagionati e carni bianche.

Tenuta Stocchello arriva da Menfi, in provincia di Agrigento, e ha come protagonisti due vitigni cari alla Sicilia: Grillo e Catarratto. Si nota un’accuratezza nella produzione, con vini meno strutturati e dai profumi raffinati, nonostante l’azienda sia una piccola realtà a conduzione familiare.

Altri due confronti della stessa regione, il Piemonte, ma da zone diverse. Troviamo La Smeralda, situata tra la pianura e le colline Novaresi. La produzione è orientata verso i vitigni regionali come il Nebbiolo, l’Erbaluce e l’Uva Rara.

Proprio quest’ultima, presente in due versioni — “Indisciplinata 2024” (con una parte di Nebbiolo) e “Uva Rara 2023” — ci ha colpiti per la sua aromaticità di ciliegie e frutti di bosco, piacevolmente leggera e beverina, non molto acida né tannica.

Per finire, una rappresentanza del Veneto. Siamo a Gambellara, nel regno della Garganega. L’Azienda Vitivinicola Marchetto la produce in varie tipologie: tra gli spumantizzati ci ha colpito il “Ca’ Cristofori Spumante Brut 2024”, lineare e concreto, di buona acidità e senza sbavature.
Davvero interessante.

Ogni anno si ricomincia con il solito entusiasmo, certi di trovare sempre ottimi vini. Così è stato, in effetti.
Unica nota che ci lascia ancora qualche perplessità è la presenza dei vini Piwi, in cui crediamo molto, ma che per ora risultano ancora un po’ giovani, nonostante i notevoli passi in avanti.

Che dire… “Aspettando i vini Piwi”.

Roberto Montelatici
Sommelier da oltre 10 anni e da sempre appassionato di vino, amo viaggiare per scoprire l'enogastronomia in tutte le sue sfumature. Dalle piccole fattorie ai grandi produttori, esploro, assaggio e racconto le loro storie attraverso le mie parole.