La nuova etichetta nasce dalla passione che due amici, Massimo De Grazia e Massimo Corti, nutrono per il buon bere. Sul nome curioso e accattivante che hanno scelto non hanno avuto mai dubbi, visto l’amore per i loro barboncini. Il logo è divertente e moderno e si staglia bene sulla bottiglia classica e raffinata. Quanto al contenuto, i due soci hanno puntato alla massima qualità per un distillato che già sta riscuotendo feedback positivi.

Il BarbonGin London Dry alla vista è trasparente e invitante, all’olfatto mi ha subito suggerito un profumo di galbuli di cipresso e una nota di pepe. All’esame gustativo le mie prime impressioni si sono confermate e via via si sono aggiunti ulteriori rimandi, pungenti e pure freschi. Questo gin ha ben 14 botaniche di origine toscana. Tre sono misteriose, tenute segrete dai produttori, e dunque tutte da scoprire. Oltre al cipresso e al pepe, ci sono rosmarino, limone, arancio, bergamotto,  liquirizia, fiore di iris, cardamomo, cannella e naturalmente ginepro toscano, un mix che conferisce complessità e un finale asciutto e amaricante.


I London Dry, a dispetto del nome, non sono prodotti solo a Londra, piuttosto fanno riferimento alla tecnica produttiva che non prevede l’aggiunta di aromi, ma solo la macerazione delle spezie e dell’indispensabile ginepro, le botaniche, per massimo 24 ore, e una successiva distillazione one shot, in una singola seduta.

Degustato nel gin tonic, il BarbonGin London Dry mantiene il suo carattere e si rivela molto riconoscibile. Ideale utilizzare una soda anziché l’acqua tonica, o, eventualmente una Indian Tonic Water. Ottima resa anche nel Martini cocktail, dove il BarbonGin ben si fonde con il vermut dry.

Dal BarbonGin Floral Dry Gin, mi aspettavo una nota che virasse al dolce, visti nome e colorazione viola, ma, assaporandolo, si è piacevolmente rivelato sofisticato e profumato per l’infusione di lavanda, viola e rosa, sapientemente equilbrate nelle proporzioni, tanto da raggiungere anche qui un finale amaricante. Il Floral Dry Gin mi è parso perfetto sia liscio che nel gin tonic.

Per il colore originale e l’ottimo gusto, lo trovo indicato come regalo sia per gli appassionati, sia per chi vuole accostarsi a questo distillato ottenuto dalla fermentazione di patate o cereali. L’eleganza del packaging ben si inserisce nel mercato dove pullulano anche bottiglie gioiello da collezione. Certo, molto è cambiato da quando i primi gin, o meglio, i primi distillati a base di ginepro, furono ideati come rimedio medico dalla scuola medica salernitana nel IX secolo d.C.  o da quando il medico e naturista olandese Franciscus Sylvius  pensò di utilizzarlo con fini curativi.

Era il diciassettesimo secolo. Il gin fu successivamente portato dai marinai inglesi in Inghilterra dove riscosse tanto successo soprattutto dai ceti più bassi, pur provocando così forti e diffuse dipendenze, che si applicarono delle tasse per ridurne il consumo. In epoca vittoriana il gin visse di nuovo un periodo d’oro, rivalutato dall’alta società.
Attualmente, ad esclusione del Plymouth gin, per legge prodotto rigorosamente solo nella città omonima, il gin è distillato in tutto il mondo e gode di una crescente fortuna.