Nelle ultime settimane a Firenze non si parla d’altro: sei euro per un gelato, dodici per un panino, tre per una bottiglietta d’acqua. Non è il listino di un ristorante stellato, ma quello di troppi locali del centro storico. Prezzi che hanno fatto infuriare i turisti e, ancora di più, allontanato i fiorentini dalle tavole della loro città.
I ristoratori si difendono: l’aumento delle materie prime, le bollette insostenibili, le tasse sempre più pesanti. Tutto vero. Ma la realtà è che molti hanno scelto la via più semplice: trasformarsi in “acchiappaturisti”, con menu fotocopia, servizio approssimativo e un’idea di cucina che spesso non ha nulla a che vedere con la tradizione.
In controtendenza, le code davanti alle schiacciate ripiene e alle catene di hamburger raccontano un’altra storia. Con otto-dodici euro si riesce a mangiare, ci si sfama e il conto resta accettabile. Ma non illudiamoci: è un cibo veloce, ripetitivo, che riempie più lo stomaco che l’anima. Un compromesso che funziona sul piano commerciale, non certo una bandiera della qualità fiorentina.
E intanto il centro storico dipende sempre più da un modello di “mangificio”. In queste ore è stata annunciata una nuova apertura in Piazza Pitti: al piano terra del palazzo Temple Leader — dimora signorile dell’Ottocento acquistata dal politico britannico John Temple Leader — sorgerà un nuovo ristorante con bar e boutique annessi. Un altro spazio nobile sacrificato all’ennesimo format ristorativo, senza un legame vero con l’identità della città.
Ecco il paradosso: i turisti vogliono solo la bistecca, spesso a peso d’oro, mentre i fiorentini si tengono lontani dal centro, scegliendo le periferie o i ristoranti stellati. Il risultato? Una città che rischia di perdere il suo tessuto gastronomico quotidiano, svuotata della presenza di chi la vive.
La domanda è inevitabile: quale futuro vogliamo per la ristorazione fiorentina? Una Firenze ridotta a fast food travestiti da trattorie, panini di moda e locali senz’anima, o una città capace di proporre un’offerta autentica, dignitosa e accessibile? Le ultime settimane ci hanno dato un segnale chiaro: il tempo delle scuse è finito, adesso servono scelte coraggiose.