Siamo nel 1877 quando Di Rovasenda, austero torinese, si “imbatte” nel toscano Foglia Tonda, intorno al Castello di Brolio. Antico vitigno, che poco ha a che vedere con le nobili origini di chi ne parla, viene inserito da quest’ultimo, in un estremo atto di democrazia, nel suo “Saggio per una ampelografia universale”.

Miseria e nobiltà. Miseria appunto.

Perché il nostro Foglia Tonda, grandemente utilizzato dai contadini toscani e dell’Italia centrale in epoca di mezzadria, quando non era importante cosa producevi, piuttosto che quanto producevi, si ritrova, con l’abolizione di questa pratica medievale, a dover per la prima volta fare i conti con chi avrebbe dovuto gestirlo davvero.

Vitigno popolare, grande produzione, poca qualità, dicevano.

E via di espianto pressoché totale, complice la fillossera giunta in Italia, che esigeva nuove soluzioni e selezioni, verso produzioni più facilmente gestibili. Ma, come spesso accade nelle cronache del mondo, la verità la scrivono i vincitori. Ed il vincitore indiscusso nelle nostre terre era il ben più nobile Sangioveto.

il Foglia Tonda

Nobiltà appunto. Eppure, fortunatamente viene nuovamente in soccorso del Foglia Tonda chi meno ti aspetti: da famiglia di importanti origini senesi, Donatella Cinelli Colombini, illuminata vigneron e Presidente Italiana delle Donne del Vino, decide di “riscoprire” questo meno fortunato proletario dell’uva, ridandone slancio. Ancora una volta dunque, è la nobiltà a venire incontro al Foglia Tonda.

Da qui in poi nasce una nuova storia. Come dicevamo, i vinti soccombono e i vincitori scrivono la storia. E nella storia era scritto su pietra: il Foglia Tonda è un vitigno ingestibile! E’ troppo produttivo! Le sue uve non giungono a maturazione! Inutile sprecare terreno per impiantare questo vitigno! E’ uno spreco di tempo, uno spreco di risorse!

Ma i vinti talvolta si oppongono e provano a far la Rivoluzione, ed ecco quella del Foglia Tonda. La colpa è dei vincitori che non ne sapevano gestire le peculiarità, dunque. Il Foglia Tonda è sì molto produttivo, è vero che se non viene controllato eccede in generosità, ma cosa accadrebbe invece se lo si provasse a controllare? Cosa accadrebbe se la sua proletaria esuberanza venisse controllata e gestita, come mai era stato provato a fare finora?

Cosa accadrebbe se la rivoluzione culturale portasse con sè nuove pratiche agronomiche di gestione del vigneto, come ad esempio la potatura del verde?

Ed eccolo infine il miracolo: la miseria che diventa nobiltà! Un vitigno che manifestava solamente problemi, porge, a chi ha saputo trattarlo, incredibili e nuove opportunità.

Il vino che se ne ricava oggi, ha caratteristiche davvero importanti: una bella vena acida che ne anticipa il suo potenziale da invecchiamento (perché i nobili di nuovi casati devono vivere a lungo!), una carica polifenolica decisa che lo potrebbe in futuro rendere di utile complemento al più noto Sangiovese (come un antico e importante casato che cerca nuovo vigore e nuovi alleati) ed un tannino fine, equilibrato, mai soverchiante.

Oggi purtroppo, sono ancora troppo poche le aziende che ne realizzano una versione in purezza, solamente 20 gli ettari vitati in tutta la Toscana.

Natalia ed Enrico, Podere Ema

Siamo quindi andati a trovare Podere Ema, la raggiungiamo salendo da Grassina, percorrendo la strada che porta al Circolo di Golf dell’Ugolino. Ed ancora una volta quindi, quasi uno scherzo del destino: popolo ed aristocrazia, Casa del Popolo di Grassina e Golf dell’Ugolino, con noi a metà strada. Podere Ema ed il suo Foglia Tonda dunque: ne hanno tratto un carattere di distintivo orgoglio e, dopo anni di sperimentazioni, sono riusciti a ricavarne una piccola produzione annua di bottiglie numerate di alta qualità vinificato in purezza, oltre ad utilizzarlo in parte in assemblaggio con Sangiovese e Colorino per realizzare il vino che forse più incarna il loro spirito Puro Toscano.

Ho incontrato Enrico, proprietario (insieme a Marco) ed enologo e Natalia; mi sono fatto illustrare la loro storia e come nasce questa volontà di recuperare questo vitigno e di farne il loro prodotto di punta.

Tutto nasce da questo loro forte desiderio di uscire dai canoni dell’omologazione e dalla facile scelta, dell’ “usato sicuro” (come lo definiscono loro) coltivando ciò che tutti coltivano da queste parti.

Questo loro desiderio di esplorare territori anche rischiosi, li ha portati a sperimentare, piantando 1000 barbatelle di soli autoctoni toscani e realizzarne per anni micro vinificazioni per capirne singolarmente le potenzialità: molto difficile in un ambito con poca letteratura e molto da esplorare!

Alla fine la loro scelta virò sul Foglia Tonda, decidendo quindi di piantarlo in modo industriale. Oggi ne hanno 2 ettari.

Anfore di affinamento

Optano per una vinificazione in anfora, perché la loro ambizione era quella di arrivare ad un prodotto finale che avesse sì le possibilità di evolvere tramite scambio di ossigeno, ma che non subisse modifiche organolettiche importanti che i contenitori in legno danno. Trovare un vino che valorizzasse al massimo la componente varietale del Foglia Tonda.

La loro passione appare vivida dai loro occhi, quando Enrico ci dice che non può esserci un complimento migliore di quando, ad un assaggio, la prima esclamazione che arriva è “però, sono veramente DIVERSI questi vini!”

Ne esce un prodotto finale che esalta davvero le caratteristiche del vitigno, un interessantissimo profilo aromatico ed una finezza ed eleganza e questo tannino ben integrato e setoso che quasi rimanda alla mente il pensiero di vini internazionali!

E nuovamente ritroviamo questa dicotomia: un vitigno autoctono, quasi scomparso, un tempo vino dei contadini, in grado di competere come finezza ed eleganza con vini dai caratteri aristocratici ed internazionali! Lo diciamo ad Enrico, un colpo al cuore, ma in effetti anche lui è d’accordo.

Andiamo quindi agli assaggi dei loro due vini realizzati con Foglia Tonda: Fogliatonda, appunto (realizzato con 100% uve Foglia Tonda) e Nocchino (assemblaggio in parti variabili di Sangiovese, Foglia Tonda e Colorino).

Fogliatonda I.G.T: bottiglie numerate, grande attenzione al loro prodotto distintivo per eccellenza, paradigmatico della loro storia e della loro passione. Ci fanno degustare 3 annate in sequenza: la 2018 già in commercio, la 2019 che sta per uscire ed un campione di botte dell’annata 2021:

  • Fogliatonda 2018: di un rosso rubino intenso, si presenta al naso subito in maniera molto piacevole, fine, piccola frutta rossa matura, aprendosi via via verso note speziate di pepe, unite a sentori minerali e balsamici. Tannini non invadenti e ben integrati, in bocca una buona rotondità unita a bella vena acida che ne conferma il potenziale di invecchiamento ed un sorso che scorre fresco e verticale.
  • Fogliatonda 2019: appare anch’esso di un rosso rubino intenso, ma ciò che immediatamente ruba la scena è una intensità olfattiva molto più marcata, un bouquet di aromi veramente interessante che vira da subito e prima verso la balsamicità e le spezie. In bocca ritroviamo queste note speziate e, come giusto che sia, acidità e tannini che dovevano ancora bene integrarsi. Ma avrà tempo, essendo una anteprima non ancora uscita in commercio. Sarà sicuramente un vino che vale la pena attendere e poi gustare.
  • Fogliatonda 2021: assaggio di botte non previsto e per questo ancora più apprezzato; rosso brillante con sfumature porpora, ancora una malolattica da terminare, ma con quelle caratteristiche tipiche che già lasciano presagire un futuro davvero molto interessante.

Nocchino I.G.T.: ed eccoci al loro “blend di autoctoni toscani” (come lo definisce Enrico), 60% Sangiovese, 30% Foglia Tonda, 10% Colorino:

  • Nocchino 2017: in presentazione ci viene descritto come un vino dai tannini più ruvidi e tipicamente toscano. In degustazione a noi appare anch’esso molto equilibrato, il tannino effettivamente più presente, ma mai soverchiante. Al naso un interessantissimo profilo aromatico che rimanda inizialmente alla frutta matura, ma che fin da subito spinge verso il cioccolato, poi via via tabacco, sottobosco ed una bella piacevolezza in fin di bocca.