C’era un ritorno alle origini, o forse un nuovo inizio, nella produzione del vino che si è respirato alla manifestazione Vignaioli Contrari, svoltasi il 10 e 11 maggio a Spilamberto, nei pressi di Modena. Un evento dedicato non solo alla degustazione, ma anche alla riflessione sul senso profondo del fare vino oggi.
Il legame con la natura sembrava parlare chiaro: è prima di tutto la vigna a produrre il vino. Una consapevolezza che spinge molti produttori a scelte coraggiose, come la coltivazione biologica o biodinamica, anche a rischio di perdere parte del raccolto.
L’evento, giunto alla nona edizione, si è svolto nella scenografica Rocca Rangoni, e ha coinvolto oltre 400 etichette presentate da produttori italiani e stranieri, spesso con produzioni limitate e artigianali. La collaborazione con Slow Food ha arricchito il contesto gastronomico, trasformando il piazzale in una vera oasi di sapori contadini, tra piatti locali e prodotti dei presìdi.
I visitatori sono stati accolti in una serie di salette e in una tecnostruttura nel Cortile d’Onore, dove più di 20 produttori hanno dato inizio alle degustazioni.
Tra i primi assaggi, il metodo classico del Trentino-Alto Adige con l’azienda Bongiovanni Lorenzo, che ha proposto uno Chardonnay affinato 54 mesi sui lieviti: bollicine eleganti, profumi di frutta bianca, pane e frutta secca. A seguire, il rosato di Enantio con profumi intensi di frutti rossi, fresco e immediato.
Dall’Emilia-Romagna, la cantina Buonariva, parte de “I Vignaioli di Castelvetro”, ha presentato il classico Lambrusco e il raro Trebbiano di Spagna, varietà unica della zona. Nonostante i problemi legati all’acinellatura, il Trebbiano ha stupito con note di fiori di campo, frutta esotica e un sorso intenso e sapido.
In Liguria, l’azienda La Ricolla, parte della famiglia Triple A (Agricoltori, Artigiani, Artisti), ha proposto la Bianchetta Genovese. Il vino “Ninte de Ninte”, ottenuto da fermentazione spontanea e affinamento in anfora, ha colpito per le sue note floreali, aromatiche, salate e minerali.
La scoperta di vitigni rari e autoctoni è proseguita con il toscano Podere La Casaccia, vicino a Firenze, di tradizione biodinamica. Oltre al Sangiovese, la cantina coltiva Canaiolo, Malvasia Nera, Pugnitello e Foglia Tonda. Particolare il metodo classico di Canaiolo, con sentori di fragola e fiori rossi, semplice, beverino, ma dotato di vivace acidità.
Oltre alle degustazioni, l’evento ha offerto momenti di approfondimento come il laboratorio sensoriale “All’origine del gusto”, che ha abbinato quattro formaggi Slow Food con quattro vini autoctoni dei rispettivi territori, regalando un viaggio multisensoriale intenso.
Il momento più atteso è arrivato nel pomeriggio con la Master Class “Erbaluce e Timorasso – I gemelli diversi”, un percorso verticale di otto vini, quattro per ciascun vitigno, che ha messo a confronto due grandi bianchi piemontesi.
La manifestazione Vignaioli Contrari ha dimostrato come la riscoperta dei vitigni autoctoni, spesso legata alla coltivazione biologica o biodinamica, non sia solo una moda, ma una scelta identitaria e culturale. Un’occasione per incontrare i produttori, ascoltare le loro storie e scoprire un pezzo di territorio nel calice. Un evento che ha parlato non solo di vino, ma del profondo legame tra l’uomo e la sua terra.