La Festa dell’Uva dell’Impruneta ha radici salde come quelle delle viti delle campagne del territorio imprunetino. I rioni Fornaci, Pallò, Sant’Antonio e Sante Marie ogni ultima domenica di settembre animano la vita della città dal 1926, anno in cui i documenti storici rinvenuti negli archivi comunali attestano l’inizio dell’usanza, da parte delle fattorie, di portare in piazza Buondelmonti i carretti addobbati con uva bianca e nera insieme a giovani comparse per animare la festa accogliendo la richiesta del Ministero dell’Agricoltura di promuovere e potenziare l’enologia attraverso l’organizzazione di una Festa.


Grazie all’ideazione di una sfilata dei carri allegorici che entrano in gara per la conquista del premio, il “coccio”, nacque Italia, nel cuore del Chianti, la prima Festa dell’Uva, unendo nella realizzazione due realtà fondamentali del territorio: l’agricoltura e l’artigianato.
Gli Imprunetini da quasi un secolo, nei mesi precedenti la festa, tornati da lavoro si recano nei cantieri per allestire i carri, cucire i costumi, preparare le scenografie. Nel corso degli anni i carretti sono stati progressivamente sostituiti da costruzioni realizzate ingegnosamente dai quattro rioni. La tradizione si è interrotta solo negli anni che hanno caratterizzato la Seconda Guerra Mondiale ed è stata reintrodotta nel 1950.

Per comprendere il successo che la Festa dell’Uva ha riscontrato nel periodo della ricostruzione post-bellica basta sfogliare le pagine delle principali riviste o quotidiani dell’epoca ed individuare nelle foto di accompagnamento agli articoli le celebrità invitate di anno in anno a far da madrina alla Festa, come Sandra Milo o Sandra Mondaini.
La Festa dell’Uva all’Impruneta non vive soltanto nei rioni e nella festa di fine settembre ma è parte integrante di tutte le famiglie imprunetine che tramandano storie, costumi e usanze alle nuove generazioni.

Per dare voce alle memorie della comunità nel settembre del 2020 è stato inaugurato in Piazza Buondelmonti, nello spazio di proprietà del Banco Fiorentino e grazie alla sinergia creatasi tra il Banco Fiorentino e l’Ente per la Festa dell’Uva, il Museo Archivio della Festa dell’Uva.


Il Museo attraversa la storia politica e sociale della Festa dell’Uva ed è diviso in due sezioni principali: etichette d’autore e memorabilia. La prima raccoglie tutte le etichette d’autore, inaugurate nel 1986 dal pittore fiorentino Pietro Annigoni attraverso la compresenza di opera d’arte ed etichetta mentre la seconda ripercorre la storia della Festa dell’Uva con testimonianze storiche, documenti, costumi, manifesti, modellini dei carri e materiali che descrivono l’aspetto pratico di organizzazione della festa, correlati a monitor multimediali presenti nelle sale che illustrano la storia dei rioni.

La maggior parte dei memorabilia presenti nell’esposizione provengono dalla collezione personale di Luca Gasparri, iniziata con una foto del barroccio che il nonno aveva dato in prestito per la Festa dell’Uva del 1929.
Le testimonianze presenti nel museo collocano la nascita della festa dell’Uva tra il 1926 e il 1928, mentre il 28 settembre del 1930 il governo fascista individuò a livello nazionale la prima domenica di autunno come data in cui celebrare la Festa Nazionale dell’Uva, stabilendo che ogni comune avrebbe dovuto costituire un comitato presieduto dal podestà e affiancato da un segretario politico del Partito Nazionale Fascista, i balilla, un rappresentante delle organizzazioni sindacali del dopolavoro, i fasci femminili e gli avanguardisti.


I rioni che anche tutt’oggi animano la festa risalgono invece al 1932, quando il Comitato organizzatore disegnò i confini dei quattro rioni corrispondenti ai quattro popoli che si diramano dalle direttrici principali di Piazza Buondelmonti.

Il Museo testimonia l’intraprendenza degli Imprunetini nell’aver mantenuto negli anni un primato virtuoso sulle altre feste dell’uva grazie all’iniziale realizzazione di gigantesche costruzioni sopra il pozzo della piazza e alla graduale trasformazione dei carri un mezzo di corredo fondamentale di un imponente allestimento scenografico corredato da coreografie e movimenti scenici a terra con circa 300 figuranti a rione.

L’idea di affiancare il concetto di archivio a quello del museo anche nella sua intitolazione, nasce dall’idea che ogni cittadino possa apportare il proprio contributo nell’implementare la raccolta con documentazione e testimonianze di famiglia per contribuire a creare una memoria collettiva da preservare nel tempo.

foto credit: Vincenzo Ianniciello