Nonostante un aprile difficile per il vino italiano, con cali generalizzati sia nei volumi che nei valori, ci sono segnali incoraggianti che mostrano la resilienza del comparto. Il primo quadrimestre 2025 si chiude infatti con alcune note positive, soprattutto grazie alla tenuta dei mercati chiave e alla crescita in alcune aree extra UE.
Tra i segnali migliori c’è la performance degli Stati Uniti, primo mercato per il vino italiano:
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+0,9% a volume
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+6,7% a valore
con un totale di 666 milioni di euro nei primi quattro mesi dell’anno.
Una crescita che conferma la solidità della domanda americana, nonostante i cambiamenti nei consumi.
Anche il Canada mostra un andamento positivo, rafforzando il ruolo dei mercati del Nord America come ancora di salvezza per l’export vinicolo italiano in una fase di rallentamento generale.
In Europa, pur con numeri meno brillanti, si registrano segnali di stabilità in Francia e Svizzera, due mercati storici e consolidati. Un dato che, in un contesto fragile, rappresenta comunque un elemento di fiducia per i produttori.
Secondo i dati elaborati da Osservatorio Uiv-Vinitaly su base Istat, anticipati da Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, e da Denis Pantini di Nomisma Wine Monitor, a maggio si intravede un leggero miglioramento nei mercati extra UE (esclusi gli USA). Un segnale che potrebbe aprire a un'inversione di tendenza nel secondo semestre.
A livello macroeconomico, il comparto mantiene un ruolo fondamentale nell’equilibrio commerciale italiano: Il saldo attivo dell’export vino supera i 7,5 miliardi di euro, confermandosi tra i primi tre settori per surplus commerciale. Nonostante questi spunti positivi, il mese di aprile 2025 ha segnato un vero stop generale per l’export di vino italiano:
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-12% a valore
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-18% a volume
rispetto allo stesso mese del 2024. Un calo che ha colpito tutte le principali tipologie di vino:
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Spumanti: -22%
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Dop fermi: -14%
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Igp: -13%
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Sfusi: -10%
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Vini comuni: -9%
I mercati tradizionali dell’Europa centrale, in particolare, continuano a soffrire. La Germania è in flessione, mentre il Regno Unito registra una forte battuta d’arresto. Le difficoltà legate all’inflazione, alla riduzione dei consumi fuori casa e a un eccesso di scorte penalizzano le esportazioni in diverse aree.
Nel complesso, il mercato europeo appare ancora fragile, mentre anche alcuni Paesi asiatici faticano a confermare il potenziale atteso negli anni scorsi.