Il vino italiano è insostituibile. Non lo dico solo io, ma anche chi, come Jeffery Lindenmuth di Wine Spectator, conosce profondamente le dinamiche del mercato americano. “Le tariffe dividono, il vino unisce”, ha dichiarato ad aprile. E come dargli torto?

Era il 27 luglio quando Trump e Ursula von der Leyen annunciavano, con grande clamore, un nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea. Ma in quel documento non c’è ancora traccia chiara del destino del settore agroalimentare. Soprattutto del nostro vino, che rappresenta da solo quasi 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli USA nel 2024. Il 24% del totale export enologico italiano. Un colosso.

L’impressione — almeno per chi scrive — è che questo passaggio sia stato volutamente lasciato nel vago. Come se si stesse tastando il terreno, magari per usarlo come leva in altri dossier. Ma il vino non è una leva: è identità, cultura, economia, lavoro. E soprattutto, è un piacere che gli americani non vogliono perdere. Lo dicono importatori, ristoratori, consumatori. Nessuno vuole quei dazi.

Lo dimostra il fatto che mentre spumanti come Prosecco, Franciacorta, Trento DOC continuano a crescere, anche i grandi rossi — Barolo, Brunello, Chianti, Amarone — restano centrali sulle tavole statunitensi. I bianchi, da Lugana a Verdicchio, stanno conquistando nuove fette di mercato. E tra le nuove stelle brillano Etna DOC e Valtellina Superiore.

Chi potrebbe mai rinunciare a tutto questo?

Dal vulcanico Trump ci si può davvero aspettare di tutto, ma la mancanza di dichiarazioni forti da parte delle grandi realtà del vino lascia intuire una strategia: aspettare. Aspettare che la politica si assesti, che le trattative portino a un accordo zero a zero. Che prevalga il buonsenso. Perché da entrambe le sponde dell’Atlantico, la risposta è chiara: questi dazi non li vuole nessuno.

Nel frattempo, il vino italiano continua a raccontare storie, profumi e territori unici. E continua a farlo proprio lì, sulle tavole degli americani. Non ci resta che attendere. Con un buon calice in mano.

Milko Chilleri
Giornalista e Sommelier, da sempre attivo comunicatore di arte cultura e gastronomia. Il vino è la mia passione: un bellissimo viaggio che non finisce mai.